
Felona e Sorona non è solo un concept album, è un affresco cosmico, dipinto con le note e con la malinconia. Le Orme ci portano in un universo immaginario, dove due pianeti opposti — uno dominato dalla luce e dalla speranza, l’altro immerso nell’ombra e nella disperazione — danzano in un equilibrio fragile e struggente.
Ma dietro la metafora, c’è molto di più. Felona e Sorona siamo noi, con le nostre luci interiori e le nostre ombre silenziose, i nostri slanci e i nostri crolli. L’intero disco è attraversato da un lirismo sospeso, da tastiere liquide e percussioni che sembrano dialogare con le stelle.
Ascoltarlo è come affacciarsi su un paesaggio che non esiste, ma che sentiamo incredibilmente vicino. Una fiaba progressiva, narrata in musica, che continua a vibrare nel tempo come un’eco lontana… e necessaria.
Quante volte ho ascoltato quel disco, ad occhi chiusi per trattenere le lacrime!
C’è un momento, in Felona e Sorona, in cui tutto si contrae in una sensazione precisa: quella di essere soli mentre si regge il peso di qualcosa più grande di sé. La solitudine di chi protegge il mondo è questo: una preghiera muta, un respiro trattenuto, il suono di una responsabilità che non chiede nulla, ma consuma.
Il brano si apre con una delicatezza disarmante, come se ogni nota cercasse di non spezzarsi sotto il proprio stesso peso. Le armonie sospese, il tempo rarefatto, il timbro delle tastiere che sembra venire da un luogo lontano e sacro: tutto evoca una malinconia che non si lamenta, ma accetta.
Eppure, sotto questa dolcezza c’è una tensione profonda. Come chi sorregge un cielo che potrebbe cadere, ma non smette di crederci. È la condizione di chi ama in silenzio, di chi si fa carico di una fragilità collettiva, senza mai essere davvero visto.
Questo brano, più di altri, sembra parlare al cuore di chi vive in equilibrio tra luce e ombra, tra il desiderio di proteggere e il bisogno di essere protetto.
Forse è per questo che ci tocca così nel profondo: perché riconosciamo in lui qualcosa di noi.
Nonostante fossi poco più di una bambina, l’ho accolto come un invito alla speranza. Per me, che vedevo delinearsi un futuro fosco e lastricato di incomprensione e rimpianti, la prospettiva di potere vivere senza segreti era una prospettiva entusiasmante.
Ahimè, era destinata a rimanere un semplice desiderio.
Così come mi sentivo straordinariamente vicina a quell’essere superiore, anche ‘Lui‘ (o ‘Lei’) attanagliato da quello struggente e pervasivo senso di solitudine, che io ho sempre avuto e che mi ha accompagnato per tutta la vita.
