
Non ricordo esattamente quando ho ascoltato Like a Lover per la prima volta. So soltanto che, da subito, ha avuto il sapore di qualcosa che già conoscevo. Come una voce lontana che finalmente trova strada verso di me. Una carezza musicale che non chiede attenzione: si posa e resta.
La sensualità di questa canzone è discreta, mai invadente. Sembra fatta di gesti piccoli, come un dito che segue il profilo di un pensiero. È un desiderio che non ha bisogno di compiersi, perché basta a sé stesso nell’atto di essere pensato. E mi riconosco in questo modo d’amare, timido e profondo, che non urla mai, ma resta a vegliare silenziosamente, quasi fosse parte dell’aria.
La musica si muove come l’acqua su un vetro – morbida, cangiante, appena percettibile – eppure colma ogni spazio. C’è una dolcezza malinconica che accompagna ogni accordo, una sospensione che non chiede né inizio né fine. È lo stesso modo in cui abita in me la malinconia: non come ombra, ma come compagna. Una presenza che non mi disturba, anzi, mi abita. Mi ricorda che sentire a fondo è anche accettare il vuoto, la mancanza, la dolce attesa.
Il testo parla d’amore, ma in un modo quasi astratto. “Like a lover, the morning sun…” — ogni immagine è lieve, evocativa, come un sogno lasciato a metà. E in quei sussurri io sento il desiderio di essere amata non per quello che mostro, ma per ciò che fatico a dire. Per quella parte fragile, segreta, che si nasconde nei silenzi. Forse anche nella mia identità — che è un viaggio, non una destinazione — io cerco quel tipo d’amore che non ha bisogno di parole forti, ma si accontenta di restare, e vedere.
E c’è qualcosa di più, che scivola tra le note. Un desiderio velato, mai dichiarato, ma intensamente presente. Il desiderio di appartenere. Di essere guardata con dolcezza e posseduta con grazia. Di cedere, piano, senza paura, tra le braccia di chi sappia accogliere la mia resa come un dono, non come una debolezza. È un sussurro che nasce dalla stessa sorgente della musica: intimo, non invadente, ma tenace come una promessa.
E poi c’è saudade. Quel termine intraducibile che racconta un’assenza dolce, una nostalgia viva. È ciò che sento quando suono questa melodia al pianoforte: il desiderio di qualcosa che non ho mai avuto del tutto, e che proprio per questo non smetto di sognare. Una tenerezza che resiste, anche quando tutto tace.
Forse è questo che rende Like a Lover così cara al mio cuore: la sua voce mi racconta, senza conoscermi. Mi mostra che la vulnerabilità non è un difetto, ma un linguaggio. E che la malinconia non è mancanza, ma profondità. E che la sottomissione, quando nasce dal cuore, può essere un’altra forma di abbandono alla bellezza.
Foto di RCraig09 da wikimedia, licenza CC BY-SA 4.0